Astrazione non astrazione: i “Paesaggi dell’anima” di Gianni De Francesco
- Zaira Daniele
- 13 mag 2015
- Tempo di lettura: 5 min

Nella lunga e variegata parabola evolutiva della sua pittura, Gianni De Francesco ha sperimentato l’uso del colore e delle forme in senso analitico ed espressivo attraverso varie tecniche e materiali che impreziosivano la materia pittorica, in un percorso artistico che ha visto, parallelamente alle fasi della sua vita e per riflesso della sua emotività, l’alternarsi di periodi “determinati” e periodi “indeterminati” tra figura e astrazione, in un’espressione pittorica mai scevra dalla realtà che resta il perno della sua ricerca. De Francesco infatti, microbiologo di professione, osserva e indaga la natura aggiungendovi il coinvolgimento emotivo dell’artista che trasforma alchemicamente tutto ciò che vede in immagini assolute, fuori dal tempo, in pezzi di magia: nella sua produzione artistica, e in specie quella pittorica, emerge la doppia anima dell’uomo-artista, concreto per formazione e sognatore come tutti gli artisti.
Nella presente mostra De Francesco vuole offrire al pubblico e alla nostra contemplazione artistica una carrellata di opere che potremmo definire “indeterminate”, che si muovono tra astrazione e realtà in atmosfere surreali di grande spazialità, un’astrazione non astrazione appunto. Egli volge soprattutto l’attenzione alle sue ultime creazioni, mi riferisco a quei “paesaggi dell’anima”, che rappresentano l’ultimo approdo della sua sperimentazione coloristica, che hanno maggiormente colpito la mia attenzione critica e su cui ci soffermeremo.
Cosa sono gli ultimi dipinti di Gianni De Francesco se non delle enormi finestre che si aprono nell’ anima mettendo in collegamento il mondo esterno con quello interiore dell’artista? Sì, perché De Francesco, pur vagando con la mente nella natura attraverso i sentieri infiniti della sua immaginazione, non ha mai perso il contatto con la realtà, anche nei suoi quadri astratti, sui cui di tanto in tanto ritorna, spostandosi dal determinato all’indeterminato, quale binomio dell’esistenza umana. La realtà, infatti, e la natura sono il punto di partenza di tutta la sua opera artistica, la costante da cui parte la ricerca tecnica sperimentativa della sua pittura tra forme e colori che traducono in un equilibrio impeccabile gli input emotivi e visivi che la mente e il cuore trattengono dall’ambiente circostante. Non si tratta infatti di pura astrazione, perché vi riconosciamo le forme reali di paesaggi filtrati dalla sua emozione, sfaldate fantasiosamente e sfocate dal ricordo attraverso pennellate forti, dall’effetto granuloso talvolta, stese insistentemente con velature su velature, in una trama fitta ma chiaramente leggibile che si ricompone all’occhio dello spettatore guardando il dipinto da una certa distanza.
Il pittore crea la sensazione di vicinanza e lontananza alla maniera di Cèzanne, usando spesso colori caldi stesi attraverso tratti orizzontali, verticali e obliqui in direzioni contrastanti per far risaltare gli elementi paesaggistici vicini e colori freddi uniformi per lo sfondo che appare astratto, distaccato e in contrasto con il resto. I suoi dipinti recenti sono enormi tele smaltate con colori forti, scioccanti, di grande effetto, sono paesaggi della memoria, istantanee della sua mente, resi in maniera compendiaria, sintetica, abbozzate impressionisticamente, ma in una sintesi estrema, chiara e antinaturalistica, un pò Fouve nella cromia, che assume un valore fortemente espressivo: l’autore vuole comunicare se stesso e stupire nello stesso tempo lo spettatore. I colori bastano al pittore per esprimere o evocare le sue sensazioni derivanti dal contatto viscerale con la natura e i luoghi vissuti, che sono luoghi affettivi della sua memoria e il contrasto tra realtà e interiorità; nelle pennellate insistenti e pluridirezionate, ma sommarie che evocano futuristicamente il dinamismo, ora tempestoso, ora pacato della sua anima, sulle quali ritorna più volte, sono espressi gli stadi emotivi dei vari momenti del suo vissuto, come frammenti di realtà ricomposti in un’unica immagine sintetica, in una visione unitaria, secondo una teoria cubista che comprende la quarta dimensione. I suoi dipinti sono infatti delle visioni che incuriosiscono lo spettatore stimolando la sua immaginazione, trascinandolo dentro il quadro e dentro le emozioni dell’artista, in mondi sognanti che si ritrovano nella natura che ci circonda, guardando in profondità, nei momenti di fusione dell’uomo con la natura.
Le smisurate tele di Gianni De Francesco, appositamente scelte dall’autore in dimensioni standard a seconda della serie da lui progettata, si sviluppano orizzontalmente e sono divise in due piani che vivono di vita propria, nel piano inferiore vi è la natura, l’elemento paesaggistico a cui fa da contrappunto il cielo dello sfondo nella metà superiore del quadro: si tratta però di cieli surreali, di colori forti, scioccanti come dicevamo sopra, netti, traslucidi e spesso stesi in modo compatto, uniforme, talvolta attraversati da velature più chiare, evanescenti e impalpabili. Nella serie recente dei “paesaggi dell’anima” abbiamo paesaggi usciti fuori da stadi d’animo differenti a cui corrispondono efficacemente differenti scelte coloristiche adottate dall’autore e caratterizzati tutti da ampi orizzonti di forte impatto emotivo, infuocati come è infuocato l’animo dinamico del pittore, di colore vivo che si imprime prepotente negli occhi di chi guarda: sono spazi infiniti dove la mente vaga e si perde e il sogno si confonde con la realtà, orizzonti della mente che vanno verso l’infinito dell’universo che il pensiero non trattiene. Abbiamo particolari zummati di paesaggi campestri e di paesaggi marini, scorci di mare smeraldo e cristallino di Sardegna, raffigurato prima mosso dalle onde, poi calmo con tutte le sue sfumature cromatiche che incantano e rasserenano… e non poteva mancare il Vesuvio sul golfo di Napoli tracciato con una linea curva dorata, con i colori della passione dell’artista per la sua terra natale. Si tratta di un’astrazione spaziale che ha le sue salde radici nella realtà, frutto di un studio analitico del pittore, oltre che introspettivo, anche se tradito talvolta dal gesto istintivo e casuale dello stesso pittore che vuole sperimentare anche in itinere le sue tecniche e i suoi mezzi espressivi.
I suoi precedenti dipinti “non determinati” appaiono non dissimili a primo acchito da questi ultimi, ma più istintivi, immaginifici, meno studiati, paradossalmente più astratti, gli orizzonti più sfumati e meno contrastanti con il tripudio di colori sottostanti, colori sempre forti quali il rosso, il giallo, il verde l’azzurro, a volte sovrapposti, formato da trame e da cromie diversificate con pennellate ora a tratti, ora a onde, ora a fiammelle pluridirezionali che creano una tensione emotiva evocando a seconda di chi guarda un tipo di emozione.
Pur nell’evoluzione della sua pittura, un filo conduttore unisce la sperimentazione astratta indeterminata dell’artista in tutte le sue opere dall’inizio alla fine, che nella parabola pittorica dell’artista si alterna sempre a dipinti “determinati” in cui domina la razionalità concreta dell’artista, dell’uomo di scienze, matematico che racchiude le forme geometricizzate con la linea contornale ed entro cornici nette che reprimono e danno forma alle emozioni in un perfetto equilibrio con la realtà fluente. Le opere di De Francesco portano nell’espressività incisiva del colore, nella calma febbre di colori e nell’equilibrio delle composizioni la firma tangibile dell’artista e della sua qualità pittorica.
Zaira Daniele
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